Il vino

Gasperina è da sempre, per definizione, “il paese del vino”;  non certamente per la quantità prodotta, quanto per la qualità, frutto della perfetta combinazione fra l’eccellenza dei vitigni impiantati e le componenti naturali ed umane della coltivazione.

I vitigni impiantati per i vini bianchi sono il greco bianco, la malvasia, la inzolia e lo zibibbo; per i rossi, oltre al greco nero, il negrellone, (un autoctono ormai tanto raro e semisconosciuto da non figurare nemmeno negli elenchi degli ampelografi).

fotoLa collocazione geografica collinare, la natura del terreno, la favorevole esposizione, il microclima fanno tutto il resto, unitamente al sistema di impianto, al metodo di raccolta, alle tecniche di vinificazione, all’adeguatezza delle cantine, alla perizia tradizionale dei viticultori; non per caso i nostri potatori, in un tempo non molto lontano, erano contesi ed ingaggiati dai vignaioli di tutto il circondario ed oltre.

In un servizio dedicato ai piatti del cenone tipico delle varie regioni d’Italia, nel numero natalizio di una diffusissima rivista nazionale del 1971, veniva consigliato il “rosso di Gasperina”.

Anche Mario Soldati, nel suo bellissimo “Vino al vino – alla ricerca dei vivi genuini” scrive: “Mi annoto: … un Gasperina del ’68: 14,50;  rosso cupo;  profumatissimo;  rassomiglia a un Taurasi e quasi a un Barbaresco…

Un tempo il vino era presente sulla tavola dei ricchi e su quella dei poveri; rappresentava merce di scambio con altri prodotti della terra o con la stessa manodòpera; era un bene prezioso da regalare agli amici ed ai benefattori, e, persino, per fare il primo bagno ai neonati maschi. Serviva molto spesso per raggranellare i soldi contanti necessari per le spese correnti, non ultime quelle per pagare i balzelli che hanno sempre afflitto le tasche dei contribuenti. Era venduto agli abituali clienti che venivano dai paesi vicini, ai ristoratori di Catanzaro, ai lontani estimatori di paesi della Presila, raggiunti, dopo un viaggio di più di una giornata, con i carretti, carichi di barili ripieni,  trainati dai muli.

Se l’annata era buona ed il prodotto eccedeva la soddisfazione dei bisogni immediati, il fortunato  produttore, ottenuto il permesso comunale, esponeva una frasca all’angolo della via su cui si affacciava la propria cantina, e vendeva a prezzi più contenuti il vino spillato direttamente dalla botte di castagno, per la gioia anche degli abituali avventori delle osterie fisse, con la massiccia ed entusiasta collaborazione dei colleghi dei paesi vicini.

Oggi alcune di queste consuetudini non esistono più; la produzione, sicuramente, non ha le stesse quantità di un tempo, ma il vino di Gasperina continua ad essere un prodotto di eccellenza presente su molte tavole.    

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